Le truppe di Carlo V assaltano le artiglierie
francesi. Arazzo fiammingo del XVI secolo, particolare. Museo di
Capodimonte.
Georg von Frundsberg (24/9/1473 - 20/8/1526),
ricordato come il "padre dei lanzichenecchi" per la popolarità di cui
godeva tra di loro come capitano e condottiero.
Ufficiali tedeschi e soldati del XVI secolo. Nella
figura in basso sono riprodotti diversi tipi di lanzichenecchi.
Massimiliano d'Austria, considerato il vero creatore
di quel nuovo tipo di fanteria che ebbe nei lanzichenecchi la sua
espressione più alta, impiegò questi mercenari nelle sue guerre contro i
Turchi. Il disegno dell'epoca si riferisce ad un fatto d'arme in cui le
sue truppe furono protagoniste.
Lanzichenecco armato d'archibugio.
L'avanzata dell'Esercito di Carlo V verso Pavia.
Arazzo fiammingo su cartoni di B. Van Orley, Museo di Capodimonte.
Lanzichenecchi armati di archibugio. Inizialmente
costituenti una minoranza, il loro numero crebbe con l'avanzare del XVI
secolo e con il perfezionarsi delle armi da fuoco fino alla introduzione
del moschetto a partire dagli anni '20 del 1500. |
I Lanzichenecchi
in Italia
Le fanterie tedesche armate di picca, spesso a fianco
di mercenari svizzeri, comparvero sui campi di battaglia italiani a
partire dalla seconda metà del XV secolo.
Durante la guerra tra la Repubblica di Venezia e
Sigismondo del Tirolo, i lanzichenecchi furono artefici della vittoria
di Calliamo sulle truppe della Signoria, comandate da quel Roberto
Sanseverino che trovò la morte annegando nelle acque dell'Adige (1487).
Nel 1494, Carlo VIII condusse nella sua impresa contro Napoli alcune
migliaia di fanti "tedeschi" (Svizzeri propriamente detti, ma anche
uomini dell'alto corso del Reno, dei Paesi Bassi, ecc.; mentre Ludovico
il Moro, signore di Milano, arruolava in quegli stessi anni numerosi
lanzichenecchi per puntellare il suo traballante potare.
La conquista della Lombardia da parte di Luigi XII di
Francia nel 1500, e le mire di questo sovrano su Napoli, diedero inizio,
come è noto, alla lunga serie di conflitti per la supremazia nella
nostra Penisola; conflitti che avrebbero preso il nome di "Guerre
d'Italia". Iniziò cosi il "periodo d'oro" dei soldati mercenari, che per
più di un quarto di secolo costituirono l'elemento essenziale di tutti
gli eserciti europei.Tra il 1502 e il 1503 non meno di 3.000
lanzichenecchi combatterono nel Meridione d'Italia al soldo di
Ferdinando il Cattolico, re di Spagna, contro le truppe francesi, le cui
fanterie erano costituite soprattutto dai temibili picchieri Svizzeri.
Ferdinando, grazie al genio militare di Consalvo da Cordoba (il "Gran
Capitàn"), divenne padrone di Napoli; ma Luigi XII non rinunciò mai alle
sue pretese su questa parte della Penisola, cosi come sul Ducato di
Milano, dal quale venne cacciato proprio dagli Svizzeri nel 1512.
A quest'epoca i lanzi tedeschi avevano ormai
raggiunto il livello dei loro maestri elvetici, dai quali li divideva
ormai una rivalità profonda, che rasentava l'odio e che si esprimeva in
battaglia con atti di crudeltà contro i prigionieri o i feriti di pane
avversa. Nel 1512 troviamo circa 5.000 lanzichenecchi, questa volta al
servizio della Francia (alleata "provvisoria" dell'imperatore
Massimiliamo), sul campo di battaglia di Ravenna. Essi hanno la meglio
sulle agguerrite fanterie spagnole armate di picca, nerbo dell'esercito
ispano-pontificio; anche se queste ultime riescono a ritirarsi in buon'ordine,
senza rompere la loro ordinanza. L'anno dopo, a Novara, ancora una volta
(l'ultima) la furia degli Svizzeri ha ragione della resistenza accanita
degli allievi-avversari tedeschi; ma la rivincita per i lanzichenecchi
arriva presto, con la sanguinosa battaglia di Marignano del 13/14
Settembre 1515. Letteralmente sospinti indietro dalla pressione del
"rullo compressore" elvetico, i quadrati della "Banda Nera" al soldo del
nuovo re di Francia, Francesco I, riescono nondimeno a mantenere
compatta la loro formazione, sostenuti efficacemente da ostacoli
naturali e artificiali, dal fuoco dei cannoni francesi e dalle cariche
reiterate della cavalleria pesante che il giovane sovrano guida
personalmente contro i quadrati svizzeri. Vengono poi le vittorie della
Bicocca (1522) e di Pavia (1525), a mostrare come ormai gli allievi
abbiano superato i maestri; a Pavia, anzi, i mercenari tedeschi
vittoriosi ed esultanti possono permettersi la generosità di risparmiare
la vita alle centinaia di Svizzeri fatti prigionieri, rimandandoli
incolumi alle loro case con parole di conforto!
E siamo al sacco di Roma; terribile evento legato
indissolubilmente al nome dei lanzichenecchi e del loro condottiero
Georg von Frundsberg, che si diceva avesse marciato verso la Città
Eterna con una corda d'argento stretta attorno alla cintola, per
impiccare il Pontefice romano, considerato dai protestanti come la somma
di ogni corruzione e sacrilegio! In realtà un colpo apoplettico pose
fine alla carriera del Frundsberg (ricordato come "padre dei
lanzichenecchi" per la popolarità di cui godeva tra di loro come
capitano e condottiero) nei pressi di Bologna, ben lontano quindi dalle
mura dell'Urbe; ed è bene anche ricordare che l'esercito imperiale che
saccheggiò Roma nel Maggio del 1527 era composto non solo da Tedeschi ma
anche da Italiani e Spagnoli, i quali superarono in crudeltà ed eccessi
i pur brutali e rozzi lanzichenecchi.
I Lanzichenecchi
sui campi di battaglia europei
Mentre le "Guerre d'Italia" insanguinavano la
Penisola, altri conflitti più o meno importanti non cessavano di
travagliare il nostro Continente; così che i lanzichenecchi, disponibili
sempre in gran numero sul "mercato" europeo, trovarono impiego un po'
dappertutto, dovunque fosse richiesto l'uso di combattenti sperimentati
e valorosi. Massimiliano d'Austria, da molti considerato il Vero
creatore di questo tipo di fanteria, li utilizzò nelle sue guerre contro
i Turchi ai confini orientali dell'Impero; Enrico VIII d'Inghilterra ne
arruolò molti per combattere sia contro i nemici interni che nelle sue
campagne oltre Manica. Anche i re di Francia arruolarono accanto agli
Svizzeri i lanzichenecchi tedeschi, un reparto scelto dei quali, detto
"La Banda Nera" per il colore di bandiere e armature, fu presente a
tutte le campagne di Francesco I, fino alla distruzione, ad opera dei
connazionali di parte imperiale, nella battaglia di Pavia del 24
Febbraio 1525.
Dopo la battaglia di Cerignola, ultima e inutile
vittoria francese in terra italiana, le armi progressivamente tacquero
nella Penisola, dove la supremazia spagnola pareva ormai definitivamente
consolidata. Il grande rivale nella lunga contesa, la Francia, stava
infatti entrando in quell'oscuro periodo della sua storia che avrebbe
portato alle sanguinose "Guerre di Religione" e che sarebbe durato circa
trent'anni, assorbendo tutte le energie del Regno.
Ancora una volta le fanterie tedesche e svizzere,
spesso chiamate genericamente "lanzichenecchi", costituirono il nerbo
degli eserciti sia cattolici che protestanti, anche se ormai i
reggimenti francesi e i "tercios" spagnoli potevano tranquillamente
reggerne il confronto sui campi di battaglia. Il nome "lanzichenecco"
rimase vivo fino alla Guerra dei Trent'anni, e l'inorridito ricordo del
sacco di Roma di cent'anni prima echeggia ancora nelle famose pagine dei
"Promessi Sposi" che Alessandro Manzoni dedica alla discesa in Italia
delle truppe del Wallenstein nel 1630.
Arruolamento,
armamento,
tattica
"Vita da lanzichenecco, vita allegra, in taverna di
notte e dì …", recita una ballata tedesca contemporanea, dipingendo con
toni certo un po' troppo lusinghieri l'esistenza quotidiana dei più
famosi mercenari dell'epoca. In realtà la vita del lanzichenecco, così
come quella di tutti coloro che a quell'epoca abbracciavano il mestiere
delle armi, poteva essere molto dura (senza parlare, ovviamente, del
rischio di morire sul campo, o peggio, di subire una menomazione
permanente); ma si trattava spesso dell'unica via di uscita da
un'esistenza altrimenti condannata alla miseria e alle privazioni.
Serbatoio di provenienza dei primi lanzichenecchi
furono le terre sovrappopolate della Germania meridionale (Svevia,
Vorarlberg, Tirolo), e le regioni lungo l'alto corso del Reno (Foresta
Nera, Alsazia, ecc.). Figli di artigiani e di contadini ne costituirono
fin dall'inizio la maggioranza, ma non era infrequente trovare fra i
ranghi, la picca sulla spalla, rappresentanti della borghesia e della
piccola nobiltà terriera. Questi ultimi si arruolavano soprattutto per
sete di avventura o di facile guadagno; i primi spinti dalla fame, dalla
disperazione, spesso dalla necessità di sfuggire alla crudele giustizia
del tempo. A molti il futuro riservava la morte o dolorose ferite; ad
altri un'esistenza disagiata ma movimentata e avventurosa; ad alcuni -
pochi - la ricchezza e una felice vecchiaia.
Quando, nell'Europa del Quattro-Cinquecento, uno dei
numerosi "signori della guerra" dell'epoca (una città libera, un duca,
il re di Francia o lo stesso imperatore) aveva bisogno di soldati per
risolvere con la forza una delle frequenti controversie dinastiche o
territoriali, affidava l'incarico dell'arruolamento degli uomini
necessari ad un "impresario", figura caratteristica dell'epoca,
paragonabile in un certo senso ai "condottieri" italiani. Si trattava
generalmente di uno sperimentato uomo d'armi, ben conosciuto
nell'ambiente militare, dove godeva di stima e considerazione. Egli
riceveva dal "signore della guerra" un "brevetto" che lo autorizzava a
levare truppe in suo nome ed elencava le condizioni e la durata del
servizio, il soldo e l'armamento dei soldati, ecc.
I lanzichenecchi accorrevano più o meno numerosi alla
chiamata dell'"impresario", a seconda della sua popolarità ed
affidabilità, ben note sulla base delle precedenti campagne. Uno dei più
conosciuti fu Georg von Frundsberg, signore di Mindelheim, chiamato
addirittura già dai contemporanei, come abbiamo visto, "padre dei
lanzichenecchi". Fedelissimo all'imperatore Massimiliano I d'Asburgo
prima, poi al nipote di questi, Carlo V, Frundsberg contribuì spesso
personalmente all'arruolamento dei lanzichenecchi, anticipandone il
soldo di tasca propria: quando morì, la sua non cospicua fortuna era
quasi completamente ipotecata o si era dissolta nel pagare il soldo ai
lanzichenecchi da lui arruolati in nome dell'imperatore: un "signore
della guerra" troppo spesso a corto di denaro!
Una volta bandito l'arruolamento nei villaggi e nelle
città della zona, I'impresario fissava la "Musterplatz", cioè la
località dove tutti coloro che intendevano prendere parte alla prossima
campagna dovevano recarsi, per passare un'ispezione che accertasse le
loro qualità fisiche e lo stato delle loro armi: ogni soldato era tenuto
infatti a presentarsi già armato ed equipaggiato al luogo del raduno.
Durante l'ispezione gli uomini ascoltavano anche la lettura dei vari
"articoli" del contratto che regolava il loro ingaggio, articoli che
entrambe le parti, l'"imprenditore" condottiero (e il signore che
l'aveva scelto) da una parte, i lanzichenecchi dall'altra, si
impegnavano con giuramento a rispettare.Solo dopo aver ottemperato a
queste incombenze, veniva corrisposto agli uomini il primo soldo.
Agli inizi del XVI secolo un lanzichenecco riceveva
generalmente 4 fiorini al mese di paga; un sergente (Veldwaibel
Feldwebel) dai 10 ai 16, un alfiere (Vendrich, Fahnrich) 16, un
cappellano 4. I veterani, gli archibugieri, gli uomini armati della
grande spada a due mani detta "Bihande", ricevevano soldo doppio, cioè 8
fiorini al mese, ed erano per questo chiamati "Doppelsoldner". Una paga
più alta veniva anche corrisposta a coloro che svolgevano uffici
particolari, come lo scrivano, il tamburino, il furiere, i suonatori di
piffero, ecc.
L'unità tattica più piccola nella quale i
lanzichenecchi venivano inquadrati era la "bandiera" (Fhanlein), che
poteva contare dai 300 ai 500 uomini, ed era comandata da un capitano.
Questi riceveva un compenso che andava dai 20 fino ai 60 fiorini al
mese. Più "bandiere" formavano un "Reggimento", al comando di un
colonnello (Obrist), che generalmente era lo stesso "imprenditore" al
servizio del "signore della guerra". Il suo "Stato Maggiore" comprendeva
un luogotenente, alcune guardie del corpo, cappellano, cuoco, barbiere,
scrivano, interprete, ecc. Il Reggimento aveva anche un "prevosto"
(Profoss), pubblico accusatore e contemporaneamente esecutore delle
sentenze, oltre che sovrintendente alla vita economica del campo.Inoltre
il gran numero di carriaggi che seguivano le truppe in campagna, insieme
con un'infinità di donne, mercanti, ragazzi, avventurieri, ecc.,
richiedeva un responsabile del treno (Trossweibel, che era pagato
profumatamente per il suo difficile lavoro.
Complessivamente, pur detraendo le spese delle armi e
del vitto, che erano a carico del soldato, verso la metà del XVI secolo
un lanzichenecco riceveva una paga mensile quasi doppia rispetto a
quella di un lavoratore a giornata. È certamente vero che per diventare
mercenario non erano necessarie una particolare conoscenza tecnica o una
notevole abilità manuale, ma occorreva comunque apprendere il maneggio
delle armi e le evoluzioni tattiche del campo di battaglia. Ciò avveniva
attraverso un costante esercizio, soprattutto per quanto riguardava il
corretto e coordinato uso dell'arma caratteristica dei lanzichenecchi,
la picca dalla punta ferrata. Lunga più di cinque metri, pesante alcuni
chili, essa veniva impugnata verso il fondo (al contrario di quanto
usavano fare gli Svizzeri, che la maneggiavano afferrandola a metà circa
della sua lunghezza). L'efficacia della picca risiedeva nel suo utilizzo
in formazioni "ad istrice" o "quadrate" da parte di fanti strettamente
ammassati, che inclinavano contemporaneamente le loro armi verso
l'esterno, presentando così al nemico una siepe impenetrabile di punte
ferrate. Queste formazioni si rifacevano alle falangi macedoni, ma ne
differivano per la maggiore flessibilità e velocità di movimento.
Inoltre, almeno teoricamente, il cosiddetto "quadrato" di picchieri
poteva difendersi efficacemente su tutti i lati nello stesso tempo, al
contrario della falange che, se presa di fianco o alle spalle, si
sfasciava immediatamente.
Oltre alla picca, il lanzichenecco portava
comunemente una corta spada a doppio taglio, detta "Katzbalger", dalla
caratteristica guardia ad "esse" o a doppio anello. Esisteva poi un
numero relativamente ridotto di alabardieri e di uomini armati del
grande spadone a due mani, dalla lama a serpentino, che si collocavano
nelle prime o nelle ultime file del "quadrato": ad essi spettava il
compito di "falciare" a grandi colpi le picche o le lance
dell'avversario (fante o cavaliere che fosse), aprendo un varco nel suo
schieramento.
Poiché il modo di impugnare la picca "alla tedesca",
cioè dal fondo, rendeva faticoso il mantenerla in posizione orizzontale
a lungo, i lanzichenecchi abbassavano le loro armi solo immediatamente
prima di entrare in contatto col nemico. Seguiva un combattimento molto
simile ad un grande incontro di scherma, con gli uomini impegnati a
maneggiare la lunga asta di legno (che diventava sempre più pesante e
tendeva anche a vibrare), cercando di schivare i colpi dell'avversario e
di mettere a segno i propri. Gli uomini delle prime file, generalmente
protetti almeno da un pettorale, venivano sospinti inesorabilmente dalla
massa del quadrato che premeva dietro di loro verso le picche nemiche,
così che la soluzione dello scontro doveva essere rapida, grazie anche
all'intervento degli armati di spadone o di alabarda.Uno dei due
"quadrati" avrebbe infine ceduto, ritirandosi in buon ordine o
addirittura sfasciandosi, se la pressione nemica fosse stata troppo
forte.
I tiratori, armati prima di balestra, poi di
archibugio, costituirono inizialmente una minoranza (circa il 10%) tra i
lanzichenecchi. Il loro numero crebbe con l'avanzare del secolo e con il
perfezionarsi delle armi da fuoco, fino all'introduzione del moschetto a
partire dagli anni Venti del Cinquecento. Il loro compito era di
ingaggiare il combattimento, spesso agendo come "enfants perdus", cioè
fuori dallo schieramento dei quadrati; e di impegnare il nemico con il
loro fuoco, sovente micidiale se concentrato e a breve distanza. In
seguito gli archibugieri e i moschettieri vennero raggruppati in
reparti, detti "maniche", in corrispondenza degli angoli dei quadrati di
fanteria (ormai composti da soli picchieri): essi caricavano e sparavano
a righe alternate, per mantenere un fuoco continuo; se minacciati dalla
cavalleria, trovavano riparo sotto le picche del quadrato.
Qualche considerazione finale
Già a partire dalla seconda metà del XVI secolo
assistiamo ad una progressiva scomparsa delle caratteristiche che
avevano agli inizi contraddistinto i lanzichenecchi e la loro
organizzazione militare. Originariamente basata, come presso gli
Svizzeri, su una partecipazione anche del più umile fantaccino alle
decisioni importanti ed alle scelte tattiche di una campagna, la vita
dei lanzi sotto le armi venne gradualmente disciplinata da sempre nuovi
regolamenti e divieti, mentre si approfondiva il solco tra il semplice
fante e i suoi ufficiali. Scomparvero ad esempio i delegati scelti dalla
truppa per rappresentarla davanti al capitano della "bandiera", una
delle espressioni tipiche della "democrazia" originaria dei reggimenti:
di lanzichenecchi. Il fante armato di picca o di archibugio era tenuto
ormai solo ad obbedire agli ordini, la cui trasgressione veniva punita
duramente. Solo il diritto al saccheggio restava immutato, anche se
spesso era dettato più dalla necessità di trovare cibo che dalla sete di
ricchezze. Cambiò anche la composizione "nazionale" dei quadrati
(formata ormai da soli picchieri, appoggiati esternamente da
moschettieri), che raccoglievano ora non solo Tedeschi, ma anche
Italiani, Spagnoli, Francesi ecc.
Il nome di "lanzichenecco", pur così snaturato, restò
vivo fino alla guerra dei Trent'Anni, al termine della quale scomparve
dai campi di battaglia, pur restando vivo, fino ai nostri giorni, nella
cultura e nelle tradizioni popolari tedesche ed europee.
Bibliografia
R. Baumann, Landsknechte, Muenchen, 1994.
R. Baumann, Georg von Frundsberg, Muenchen, 1984.
P. Pieri, Il Rinascimento e la crisi militare italiana, Torino, 1952.
S. Fiedler, Kriegswesen und Kriegsfuehrung im Zeitalter der Landsknechte,
Koblenz, 1985.
D. Miller, The Landsknechts, London, 1976. |